Il MAO ha recentemente inaugurato una nuova fase, #MAOTempoPresente, che segna l’apertura del Museo ad attività artistiche e creative attraverso un articolato programma di residenze in ambito artistico e curatoriale durante le quali performer, artisti, curatori e studiosi verranno chiamati ad abitare le collezioni e gli spazi espositivi, performando e "mettendo in scena" il Museo.
Il nuovo progetto trova collocazione nel rinnovato t-space e nasce da una collaborazione con l’omonimo spazio creato a Milano da Giulia Spreafico e Wu Rui nel 2016. Concepito come spazio d’arte indipendente e come luogo capace di rendere sostenibile l’attività artistica, negli anni il t-space milanese si è evoluto, trasformandosi in uno spazio progettuale e di confronto capace di favorire l’incontro e lo scambio culturale fra fondatori, artisti e pubblico.
All’interno di questo luogo la dimensione conviviale ha sempre avuto un ruolo fondamentale e, nei desideri dei fondatori, i momenti di condivisione hanno sempre rappresentato una parte irrinunciabile del progetto: un tè sorseggiato insieme (la T del nome gioca proprio con l’assonanza con la parola inglese tea!) può infatti diventare pausa creativa e occasione di conoscenza.
Il t-space X MAO, spin off dell’omonimo spazio milanese, porta in Museo una serie di progetti di artisti contemporanei, invitati a confrontarsi con le opere delle collezioni permanenti per svelarne nuovi significati e aprire inedite possibilità di dialogo fra passato e presente.
Fra gli artisti che si avvicenderanno per attivare le collezioni museali ci sono registi e filmaker, artisti visivi e performer italiani e internazionali quali Warshad film, Massimo Grimaldi, Fuzao Studio e Jacopo Miliani.
t-dispenser 2022 Installazione site-specificConcepito come una “fontana” di acqua calda, dove i visitatori possono servirsi e bere un tè all’interno dello spazio, l’installazione si trasforma con il cambiare delle mostre e degli allestimenti. Una scultura in divenire in cui i mattoni di gasbeton diventano cornice per il dispenser e dispositivo a servizio degli artisti invitati: supporto, seduta, leggio, display e materia su cui intervenire con segni e gesti. L’installazione si relaziona alla mostra Buddha10 ed è liberamente ispirata alle Shíkū cinesi 石窟, complessi di grotte e caverne scavate nella roccia contenenti le statue del Buddha.
Huang Cha — KekechaSpecialità della Cina ancora tradizionale, il tè giallo ha una produzione limitatissima ed è tipica della provincia di Hunan dove l’ingiallimento delle foglie segue tecnica e manualità remote. La seconda area interessata sono le montagne del Guangdong dove con una tecnica più moderna si ottiene il kekecha, un tè a ossidazione parziale. Durante la produzione, l’esperto maestro del tè deve fare affidamento sul suo istinto per modulare il calore e fermare il processo di ingiallimento e ossidazione esattamente al momento giusto. A causa del suo effetto stimolante e delle sue molte qualità piacevoli, il consumo di questo tè rimase a lungo un privilegio dei monaci buddisti. La qualità proposta è foglia allungata, multicolore con sfumature bronzee. In tazza il gusto è delicato con un leggere note vegetali e di frutta esotica simili alla papaia. Claudia Carità —selezionatrice di tè per The Tea Torino.
Installazione fino al 3 dicembre 2022
Il primo appuntamento di t-space X MAO è un invito rivolto a Tiziano Doria e Samira Guadagnuolo (WARSHADFILM) ad abitare le sale del Museo. Il duo di artisti ha realizzato del materiale inedito riprendendo sale, sculture e luoghi in pellicola 16mm e scattando fotografie in medio formato. Il risultato è un’installazione fluida, dove cinema e fotografia dialogano con lo spazio e con le opere della mostra Buddha10.
Tiziano Doria, Samira Guadagnuolo - Duo di ricerca cinematografica. Il loro lavoro si innesta su pratiche legate ai processi del film e sul tentativo di una riappropriazione dell’intero processo di produzione filmica.
WARSHAFILM con i suoi film è stato in concorso, tra gli altri, al Locarno Film Festival 2019 - Pardi di domani, Torino Film Festival 2019 - Corti Italiani, Pesaro Film Festival 2019, Festival dei Popoli 2021, Bellaria Film Festival 2022 (Premio Oxilia), Thessaloniki Documentary Film festival 2022 dove ha vinto il premio Golden Alexander Award.
IL FERVOREInstallazione cinematografica 16mm, carte, stampe fotografiche. Live performance.Prima di essere percepito, il mondo è sognato. E il suo sogno è leggero come il respiro che esala nell’aria, che riempie lo spazio fra la terra e il cielo e gli impedisce di crollare. Dalla pesante plasticità delle pietre, dei bronzi e dei legni che supera ogni ordinaria contingenza, si sparge una nuvola, una visione, una storia raccontata molte volte, un’inesauribile azione perenne. Innumerevoli sono le suggestioni legate alle tradizioni e ai racconti intorno alla figura del Buddha, al fascino della sua saggezza, alle sue vite anteriori, ai sorprendenti rimandi a soggetti e pensieri della tradizione a noi vicina. Ne scaturisce un gioco, un'invenzione, uno sbocciare di forme in altre forme - un racconto apocrifo che idealmente si aggiunge alle 547 vite di Buddha raccolte nel Canone buddhista.
Gli altri eventi
16 dicembre - 15 gennaioBANDIT QUEEN - Silvia MorinOpening 16 dicembre h 18:30 Installazione e performance
Il lavoro indaga la figura di Phoolan Devi (Gurha Ka Purwa, 1963–Nuova Delhi, 2001), una donna la cui vita è stata caratterizzata da una serie tragica di eventi che la vedono prima sposa bambina, poi bandita, fino a divenire rappresentante del Parlamento e infine morire assassinata nel 2001 a soli 37 anni. L’opera prende vita a partire dallo studio delle fonti storiche e del libro autobiografico Phoolan Devi, Le mie cento vitee viene restituito attraverso un’immagine fotografica e un discorso che mischia il dato reale a flussi di coscienza. L’artista si identifica nella figura di Phoolan Devi attraverso l’immagine fotografica e porta in scena una “terza donna”, esterna alla storia, che apre la mostra con un discorso pronunciato dal vivo.
Silvia Morin fa del proprio corpo il medium attraverso il quale rimettere in scena biografie di donne, interrotte tragicamente dalla violenza maschile. Le fotografie “medianiche” di Morin sono il risultato finale di un processo d’identificazione empatica con i soggetti di cui indaga le storie, che passa per una fase performativa in cui gli abiti rivestono una funzione particolare. L’artista non utilizza vestiti di scena, ma attinge dal proprio quotidiano: piuttosto che costruire un travestimento cosmetico, Morin realizza nell’immagine una coincidenza paradossale tra la propria vita e quella delle donne, attivando una sorta di cortocircuito temporale ed emotivo. Né veri autoritratti, né semplici ritratti, le donne di Morin sono personaggi ulteriori, futuri, mai realizzati, che sembrano tornare per necessità, per affermare una pacificazione.
Come per il primo appuntamento di t-space, durante l’inaugurazione i partecipanti potranno servirsi una tazza di tè giallo, specialità della Cina ancora tradizionale tipico della provincia di Hunan e delle montagne del Guangdong. La qualità proposta da Claudia Carità, selezionatrice di tè per The Tea Torino, è a foglia allungata, multicolore con sfumature bronzee. In tazza il gusto è delicato con leggere note vegetali e di frutta esotica simili alla papaia.
BIO Silvia Morin (Corato, 1988) vive e lavora a Milano. Il suo lavoro è stato esposto tra gli altri a Casa Flash Art a Milano nel 2021, nel 2019 all’interno di VIR Viafarini, Milano, nella Chiesa di Santa Maria Maggiore di Corato e alla Pinacoteca di Arte Contemporanea a Ruvo di Puglia. Si è diplomata nel 2017 al Biennio Specialistico di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Brera, nel 2013 in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bari. Frequenta nel 2020 il modulo Arti all’interno del master di Studi e Politiche di Genere dell’Università degli Studi Roma Tre.
20 gennaio - 27 febbraioGianMarco PorruOpening 20 gennaio h 18:30PerformanceIl canto del caproè un'opera installativa concepita da GianMarco Porru per gli spazi del MAO di Torino, a seguito dell’invito di t-space per la realizzazione di un'opera inedita in dialogo con la collezione del museo. L’opera prolunga una serie di riflessioni già presenti nel lavoro dell’artista ed espande una mitologia mediterranea attraverso una riflessione sulla presenza di un certo sincretismo religioso tra le diverse aree geografiche presenti - e non - all’interno delle collezioni del museo.Il canto del capro è la ricostruzione fantastica e una visualizzazione tridimensionale di una narrazione che si innesta nel processo di interpretatioreligiosa: la ricezione di influssi e, in alcuni casi, l’assimilazione e reinterpretazione - e non sostituzione radicale del culto - del pantheon di ciascuna componente etnica e culturale presente in una determinata area geografica. In alcuni casi le diverse versioni di “credo” si sono amalgamate, in altri casi è sopravvissuta la versione pagana. Dalla versione pagana risulta in modo non trascurabile quanto fosse radicato il culto delle acque e come gran parte delle ritualità fossero destinate a propiziarsi la divinità responsabile dei temporali.Conosciuto in Sardegna come Maimone e venerato sotto forma di bambino e sotto forma di divinità degli inferi come crono pluvio - manifestazioni delle stessa divinità - nei diversi rituali di carnevale si pone l’accento non tanto sull’aspetto orgiastico della religione dionisiaca, quanto piuttosto su quello pluviale, la cui propiziazione era indispensabile per ottenere piogge abbondanti. Questo poteva avvenire soltanto attraverso la rappresentazione della passione e la morte di una vittima destinata a rappresentare la morte e la passione del dio stesso, una rappresentazione che un tempo doveva essere comune molte aree geografiche del mediterraneo, ma in tempi successivi solo alcune zone hanno continuato a rappresentare tragicamente il dio morente e zoppicante, con la trepidazione di un buon raccolto che consentisse la sopravvivenza. Si può ipotizzare, per una serie di non trascurabili connessioni, che quello che oggi è attribuibile a una discendenza dionisiaca e dunque etimologicamente greca fosse probabilmente già seminato in medio oriente e durante la convivenza fenicia rimodellato attraverso la metabolizzazione di un dissidio interiore delle comunità tra il vecchio e il nuovo rito, tra l’unione tra il nuovo e il vecchio credo, esattamente come è accaduto per tutti gli altri saperi e tecnologie artigiane.Per GianMarco Porru la Sardegna è un territorio speculativo per attivare ed espandere una rilettura dell’idea di autentico, di arcaico e puro inteso come fenomeno problematico di rappresentazione dei patrimoni culturali nazionali. La rilettura della cultura materiale intesa come un percorso che attraversa la stratificazione estetica e iconografica - in ambito archeologico e etnografico - mira a riposizionare e fabulare narrazioni mitologiche e inedite in possibili territori d’origine, ricalibrando così la narrazione egemonica.
8 marzo – 7 maggioMONOGATARI - Massimo GrimaldiOpening 8 marzo h. 18
Il quarto appuntamento del ciclo di performance che abitano il t-space X MAO è dedicato all’artista Massimo Grimaldi (Taranto, 1974) e alla sua videoinstallazione MONOGATARI, prodotta da Snaporazverein in collaborazione con Zero..., Milano.
L’opera consiste nella proiezione, su due schermi appaiati, del reportage fotografico realizzato in Giappone tra il 2017 e il 2018, dove l’artista ha vissuto per alcuni mesi grazie al premio On Demand by Snaporazverein. Durante il soggiorno a Tokyo, Kyoto e Osaka l’artista ha potuto approfondire la conoscenza di una cultura che, nel suo rigore formale e nelle sue strutture simboliche, sente come elettivamente affine.
12 maggio – 11 giugno 2023Jacopo Miliani27 giugno - settembre 2023Fuzao Studio
Ingresso libero.
Si ringrazia lo sponsor Cofifast.
Progetto in collaborazione con Claudia Carità, selezionatrice di tè per The Tea Torino.