Ogni cosa nel Kathakali è sub-umana e super-umana allo stesso tempo. I danzatori non camminano come gli esseri umani, scivolano. Non pensano con la testa, ma con le mani. Persino i loro lineamenti umani scompaiono dietro le loro maschere smaltate di blu. (C.G. Jung)
TEMPO PRESENTE
Originario del Kerala, la verdeggiante regione dell'India sud-occidentale, il Kathakali (letteralmente "narrazione ") non è solo una danza, ma un atto di devozione in cui vengono descritte in maniera elaborata le principali storie tratte dall’epica classica, enfatizzando la vittoria della verità sopra la menzogna e il male. Si tratta di una delle forme di teatro danza più elaborate al mondo che, nella sua forma attuale, viene fatta risalire alla seconda metà del XVII secolo. Il trucco articolato, talvolta scambiato erroneamente per maschera, e i costumi sgargianti nascono dalla necessità di enfatizzare espressività e gestualità dei danzatori. Sotto le abili mani dei truccatori, l’attore Kathakali può essere trasformato in una divinità, in una bella fanciulla, in un demone o in una strega: ogni personaggio è essenzialmente simbolico e ogni particolare del trucco e del costume è studiato in modo da trasformare l’attore non solo a livello esteriore, ma anche psichico. Alla fine del trucco e della vestizione, che ha una durata di circa tre ore, l’attore si trasmuta nel personaggio e comincia la danza. Ancora oggi nei villaggi del Kerala le rappresentazioni di Kathakali avvengono alla luce di lampade a olio, tra palme di cocco e campi verdissimi, e, secondo tradizione, durano l’intera notte.
Al MAO l’incontro con l’arte del teatro danza indiano Kathakali inizia con l’allestimento di una green room, dove si assiste, come abitualmente avviene in India, al lungo e laborioso rito del trucco e della vestizione. In questo luogo, spazio di silenzio e concentrazione, entra un uomo che, attraverso un articolato processo di trasformazione, diventa un essere nuovo: in questa occasione il maestro Kalamandalam John veste i panni di Krishna, una delle più amate divinità del pantheon induista, avatara (letteralmente “discesa sulla terra della divinità”) del dio Vishnu preposto, nelle sue diverse manifestazioni, alla protezione dell’universo. Il processo di trucco e vestizione avviene attraverso un rituale complesso ed elaborato, al termine del quale il maestro Kalamandalam John esegue un frammento di danza pura, il Pakuti Purapaddu (letteralmente "introduzione"), che tradizionalmente apre una performance di Kathakali. La simbologia cui la danza rimanda è di carattere cosmogonico e religioso: un’offerta agli dei, ma anche la dissoluzione dell'oscurità e la creazione del cosmo attraverso la danza.
Anche i vestiti e il caratteristico gonnellone del danzatore hanno una valenza simbolica e sono legati a un’antica leggenda: si narra infatti che uno degli inventori del Kathakali, Kaplingat Nambutiri, ebbe la visione di un essere che si ergeva sopra le onde adornato di gioielli, con un meraviglioso copricapo e con il volto dipinto con colori vivaci. Quando si svegliò dal sogno, l’uomo si ricordò l’aspetto della figura, ma solo fino all’altezza della vita, poiché sotto di essa si muovevano le onde del mare. I voluminosi gonnelloni utilizzati dai danzatori e il sipario chiamato tirasheela, il vestito delle onde, celano e svelano parzialmente la figura del performer, ricreando l’effetto dei flutti in perenne movimento.
Kalamandalam John è il fondatore e direttore della Kalatharangini Kathakali School. Formatosi presso il prestigioso Kerala Kalamandalam sotto la guida di C. Padmanabhan Nair e Vijayakumar ha approfondito lo studio del sanscrito e della letteratura Kathakali con il Prof. Unnikrishnan Elayadu. È riconosciuto a livello internazionale come una delle figure di spicco del teatro danza Kathakali, sia nel campo performativo che in quello didattico. È inoltre esperto di tecniche di massaggio legate a questa antica disciplina, applicate anche in campo terapeutico. In Italia collabora dal 1979 con il Teatro tascabile di Bergamo.
Il TTB Teatro tascabile di Bergamo – Accademia delle Forme Sceniche è stato fondato nel 1973 da Renzo Vescovi sul modello dei teatri-laboratorio della seconda metà del ‘900 europeo e dei teatri di gruppo, il cui lavoro si svolge su un piano di interazione complessiva dei suoi membri secondo il costume delle botteghe d'arte rinascimentali. Dal 1977 il Tascabile si occupa in modo specifico di promuovere iniziative tese a diffondere in occidente la conoscenza artistico-critica del teatro, della musica e della danza delle tradizioni orientali, in collaborazione con le istituzioni asiatiche più accreditate. Nel 2019 è stato insignito del prestigioso “Attendance 2020 Award for significant contribution to Dance & Theatre”, assegnato per la prima volta ad artisti non indiani.
La performance è stata resa possibile grazie al Teatro tascabile di Bergamo e al Teatro A Canone. Si ringrazia Antonella Usai per il coordinamento.