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Rotazione di dipinti e stampe nella Galleria Giapponese
Rotazione di dipinti e stampe nella Galleria Giapponese
Mostra
31 Gennaio 2013 - 31 Marzo 2013
La galleria giapponese del Museo d’Arte Orientale ospita una nuova rotazione conservativa di disegni, stampe e libri.
Nella lunga vetrina con la quale si inizia il percorso nella Galleria Giapponese saranno esposti due
emakimono
tra i quali
Tetsuo Somon (1791-1872)
Studio per dipingere piante di orchidea, datato 1862. Inchiostro su carta, cm 30,8 x 434,2. Questo
emakimono
(dipinto orizzontale di formato lungo e stretto) evidenzia una peculiarità della pittura dell’Asia Orientale, ovvero il ricorso all’elemento “tempo” nella concezione di un rotolo bidimensionale che va fruito da destra a sinistra: come se una pellicola scorresse sotto i nostri occhi, possiamo vedere la pianta di orchidea comporsi a partire dai pochi, timidi steli iniziali, per arrivare al rigoglio dell’ultima raffigurazione prima dell’iscrizione. Lo scopo di questo studio è sicuramente didattico, ma anche l’esito artistico è tutt’altro che trascurabile. L’autore, un abate
zen
di scuola Rinzai a Nagasaki, dipinge nel classico stile espressionista e calligrafico ereditato dalla Cina. L’inchiostro pieno o diluito crea un piacevole contrasto tonale tra il nero e le varie gradazioni di grigio. Il tema dell’orchidea selvatica, pianta tenace nelle più avverse condizioni, è anche una metafora del gentiluomo confuciano e la sua scelta sottolinea l’origine cinese della scuola di pittura Nanga (o Bunjinga, “Pittura dei Letterati”) di cui l’autore faceva parte.
Nella sala principale al secondo piano è possibile ammirare dei
kakemono
(dipinti da appendere in formato verticale) già esposti in precedenza e ora nuovamente fruibili dopo il necessario riposo conservativo, tra i quali:
Teisai Hokuba (1771-1844)
Danza Niwaka nel quartiere dei piaceri a Edo, inizio XIX secolo. Inchiostro e colori su carta, cm 90,5 x 28,5 (montatura cm 173,5 x 43). L’opera, dipinta ad inchiostro e colori sfumati nel formato del rotolo verticale da appendere (
kakemono
), raffigura tre donne danzanti in cerchio, ognuna delle quali tiene in mano un ventaglio pieghevole che reca scritto il carattere “
niwaka
”. Tale termine, che significa “improvviso, improvvisato”, è anche il nome di un genere di danza a contenuto trasgressivo che veniva eseguita dalle cortigiane del quartiere Yoshiwara a Edo (l’attuale Tokyo) verso la fine dell’estate. L’occasione per tale evento era offerta dalla festa del Bon, una commemorazione dei defunti originatasi nell’ambito del buddhismo popolare. Il soggetto e lo stile di quest’opera rivelano esplicitamente la sua pertinenza all’ambito dell’
ukiyo-e
, l’arte informale tanto amata dalla borghesia del periodo Edo (1603-1868) e che in Occidente è nota soprattutto per gli esiti della stampa policroma. L’autore, Teisai Hokuba, era stato d’altronde allievo del grande Katsushika Hokusai (1760-1849), uno dei maggiori rappresentanti di questa corrente.
Al secondo piano troverà spazio la nuova rotazione di stampe, alcune del grande maestro Utamaro.
Kitagawa Utamaro (1754-1806)
Due cortigiane di Daimonjiya, 1798 circa
Xilografia policroma, cm 39x26
Kitagawa Utamaro è unanimemente riconosciuto come il più grande ritrattista di belle donne (
bijinga
) nell’ambito dell’
ukiyo-e
a cavallo tra XVIII e XIX secolo. Fu allievo di Toriyama Sekien (1712-1788), visse e lavorò a Edo (l’attuale Tokyo), fu uno dei primi autori giapponesi ad essere conosciuto e apprezzato in Europa nell’ultimo quarto dell’800. Durante l’era Kansei (1789-1801), Utamaro pubblicò centinaia di ritratti femminili a mezza figura (
okubie
) come quelli qui presentati. Si tratta di due
geisha
(cortigiane) della casa di piacere Daimonjiya a Edo, dalla serie
Seiro bijin meika awase
, un titolo traducibile prosaicamente come “"Appuntamento con belle donne famose nelle case di piacere". Oltre al titolo della stampa e della serie, scritte in alto a destra, più in basso si leggono ancora la firma di Utamaro e due timbri rotondi: quello in alto è “
kiwame
”, il sigillo censorio in uso tra ‘700 e ‘800; in basso invece il sigillo dell’editore Iwato-ya Kisaburo di Edo.
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