Coniugando la necessità di mettere a riposo le opere dopo un’esposizione di alcuni mesi con la volontà di presentare le meraviglie custodite nei depositi, le gallerie del MAO si rinnovano periodicamente, mostrandosi al visitatore in una veste sempre nuova. È quanto accade anche ora con la rotazione di paraventi giapponesi a sei ante: le due coppie di esemplari esposti negli scorsi mesi lasciano il posto a una selezione di manufatti dai tratti delicati, di ispirazione cinese.
La prima coppia selezionata narra, attraverso l’evocazione di atmosfere rarefatte e bucoliche, quasi da sogno, la leggenda della Sorgente dei Fiori di Pesco. Un barcaiolo trova una fenditura nella roccia all’altezza di una sorgente immersa nei fiori di pesco e decide di entrarvi, giungendo così in un villaggio rurale, con piccole abitazioni e animali da cortile, dove viene accolto benevolmente dalla popolazione. Non si tratta di un villaggio normale, ma di un paese utopico celato al resto del mondo, al quale il pescatore, una volta partito, non riuscirà mai più a far ritorno. I due paraventi raccontano proprio i due momenti chiave dell’ingresso in questo mondo magico e dell’addio del pescatore a questa società utopica: grazie al sapiente utilizzo delle sfumature di inchiostro e dall’uso della foglia d’oro a spruzzo, che creano sottili velature, riverberi, spruzzi d’acqua fra le cascate, l’autore, Okamoto Toyohiko, riesce a dare vita a un’atmosfera eterea, sospesa e sognante.
Nella seconda vetrina sono accostati due paraventi a sei ante singoli, uniti dal tema dell’acqua. Il primo risale al XVII secolo e presenta scene paesaggistiche di ispirazione cinese dipinte a inchiostro, probabilmente un’opera giovanile dell’artista Kano Yasunobu. Il secondo paravento si intitola “Attraversando il ponte sul ruscello” e racconta un episodio ispirato all’aneddoto cinese noto come “I tre che ridono al Ruscello della Tigre”. Sullo sfondo di un paesaggio montano si stagliano le figure del monaco buddhista Huiyuan, del saggio taoista Lu Xiujing e del poeta Tao Yuanming, protagonisti dell’aneddoto: i tre sono colti nel momento della risata quando il monaco, assorto nella conversazione, finisce per rompere il veto autoimposto di non oltrepassare il ruscello e comprendono così che la purezza spirituale non può essere misurata attraverso i limiti fisici. La dialettica tra vuoto e pieno dà forma allo sfondo, in cui vette montuose sempre più rarefatte emergono dallo sfumato e dagli spruzzi della foglia di rame, mentre lo stile caricaturale con cui sono resi i personaggi è particolarmente evidente nelle espressioni dei volti e nelle dita.
Grazie al prestito di I.N.T.K. (Itaria Nihon Token Kyokai), contestualmente ai paraventi vengono sostituite anche le spade giapponesi, esposte in un’apposita teca al secondo piano: i visitatori potranno ammirare alcune katana, wakizashi e tanto con le rispettive montature; fra quelle esposte, la lama più antica è una katana attribuita alla scuola Naoe Shizu, attiva nella provincia di Mino fin dalla metà del Trecento, probabilmente realizzata nel primo periodo Muromachi (1333-1573). Tra i pezzi più pregiati segnaliamo una imponente katana koto, lunga 81 cm, databile 1530 circa e firmata Iyetsugu, della scuola Soden Bizen operante nel periodo Muromachi. Essa è accompagnata da un fodero in lacca rossa e ornato di finiture floreali in lega rame-argento patinato (shibuichi) caratterizzata da una gamma di grigi sottili e sfumature tenui di blu, ottenute attraverso l'uso del processo “colore cotto” (niiro) e l’elsa (tsuba) in ferro è laminata in oro. Altrettanto pregevole una wakizashi Shinto firmata Omi Daijo Fujiwara Tadahiro, della scuola Hizen Tadayoshi (1645). Tadahiro (il cui vero nome era Heisakuro Hashimoto), figlio legittimo di Tadayoshi I, era noto per essere un artigiano particolarmente abile: era apprezzato per la sua capacità di forgiare lame di ottima fattura e di realizzare decorazioni estremamente nitide.
Per scoprire come si realizzano le rotazioni del MAO, andate sul nostro canale YouTube: QUI la sostituzione dei paraventi e QUI quella delle lame giapponesi.