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Il dono del gelso

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  • 3 December 2024
il bianco e la carta

Martedì 3 dicembre ore 18

Il dono del gelso: uso e colorazione della carta tra Corea e Giappone

Nei tradizionali metodi di produzione delle carte cinesi, oltre agli scarti della seta e del lino, si usava impiegare un’ampia gamma di fibre vegetali, ricavate sia da piante erbacee - canapa, bambù, paglia di riso - che da arbusti; tra questi la Broussonetia papirifera, specie arborea, appartenente alla famiglia delle Moracee.  Questa pianta detta anche gelso della carta,  dak in coreano, kozo in giapponese, cresce in zone rurali e grazie alle sue fibre lunghe - e anche all’utilizzo della mucillagine estratta dalle radici dell’Hibiscus manihot, che aggiunta alla sospensione di acqua e fibre ne facilita le operazioni di manifattura - ha permesso in Corea la produzione di una pregevole carta denominata "Carta dei mille anni". In Giappone la carta venne introdotta durante il regno dell’imperatrice Suiko (592-628 d.C.) in cartiere impiantate da artigiani provenienti dalla penisola coreana, dove l’utilizzo e poi la manifattura della carta si erano propagati a partire già dalla fine del IV secolo (Regno di Silla, 57 a.C.-935 d.C.). La produzione della carta in Corea, è legata alla diffusione nella penisola del Buddismo, quando venne svolto un fondamentale lavoro di copia e poi di stampa dei testi sacri e i monaci dei monasteri, presenti nel paese, si dedicarono a queste attività, per soddisfare le quali era richiesta la produzione di carta di altissima qualità. Il Sutra del Dharani della grande compassione “Mugujŏnggwang taedaranigyŏng”, ritrovato nella pagoda di Seokgatar nella città di Gyeongju, nel tempio Bulguksa - databile intorno al 704 d.C. - è uno dei testi più antichi stampati su carta con tecnica xilografica. Più tardi, in Giappone, intorno all’anno 764 d.C., in piena epoca Nara (710-794 d.C.) l’imperatrice Shotoku fece stampare, su carta e sempre con matrici xilografiche, un milione di preghiere buddiste Dahrani, da inserire arrotolate dentro piccole pagode di legno che vennero poi distribuite nei templi di tutto il paese. Questa carta, hanji in coreano, washi in giapponese, venne impiegata anche per creare articoli d’uso comune e bellissimi manufatti artistici spesso tingendola con coloranti di origine vegetale come il blu estratto dalla pianta dell’indaco, il rosa dai petali del cartamo, il viola dal legno del Brasile, il giallo dall’albero di Amur,  il bruno dai frutti dell'ontano, il verde dalle noci di galla.                                                                                           

La fascinazione di questi materiali permea tutto il lavoro di Anna Onesti e, negli anni, l'ha portata a cercare di stabilire un ponte tra tradizioni artistiche diverse, anche grazie allo studio di antiche pratiche, come quelle legate alla produzione e alla decorazione della carta artigianale dei paesi dell’Estremo Oriente. La carta di gelso e i prodotti usati nella sua colorazione sono materiali di origine organica e consentono un'esperienza artistica particolare, grazie anche a procedimenti che conducono verso una gestualità che sembra sfuggire alle maglie del tempo.

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.