Dopo un periodo di riposo conservativo alcune opere torneranno ad essere visibili dal pubblico, si tratta di tre kesa e tre piccoli paraventi nella Galleria Giapponese e di una selezione di manufatti in legno e lacca del regno di Chu nella Galleria Cinese.
Nella Galleria Giapponese dal 15 maggio sarà possibile ammirare tre kesa, i preziosi mantelli rituali indossati dai monaci buddhisti che si compongono di diversi pezzi di stoffa uniti da cuciture sovrapposte. Questi tessuti giocano un ruolo molto importante nella pratica buddhista poiché il dono conferisce merito all’offerente e la sua confezione è intesa come un atto di devozione per il monaco.
La rotazione prevede l’esposizione di tre esemplari del XIX secolo, tra i quali un kesa con motivi floreali, draghi e fenici in seta. La stoffa multicolore è composta da piccoli quadrati cuciti insieme, che spezzano la continuità e la simmetria dei disegni creando un piacevole effetto di sfasamento. Sullo sfondo ocra del mantello si alternano fiori di peonia (botan) e di pruno (ume), draghi e fenici. I draghi sono avvolti ad anello (ryūmon) tra nuvole e simboli augurali, quali corno di rinoceronte, monete appaiate e gemma sacra. Le fenici in volo riprendono il dinamismo rotatorio dei draghi attraverso le loro lunghe code piumate disposte ad anello attorno al corpo. I sei inserti (niten e shiten) sono in raso operato di seta grigia, e raffigurano ciascuno una pianta di loto (renge): i contorni dei fiori e delle foglie, così come la cornice interna del ritaglio, sono broccate con sottili striscioline di carta dorata (tecnica kinran); queste riprendono, impreziosendolo, il cromatismo dello sfondo.
E ancora un kesa del 1840-50 con motivi circolari di draghi, largo oltre due metri, in seta operata con seta policroma e ricami in filo d'oro ritorto, foderato in taffetà verde chiaro. Sullo sfondo blu scuro di questa stoffa sono allineati dei draghi, il più nobile degli animali, avvolti ad anello su loro stessi, e ogni cerchio è circondato da tralci vegetali con peonie, il più nobile dei fiori. L’ornato omogeneo in seta policroma è impreziosito da rade foglie pentalobate di gelso, ricamate in oro sopra il tessuto.
Il MAO Museo d’Arte Orientale dispone inoltre di una rara e pregevole collezione di oggetti lignei – dipinti o laccati – provenienti da contesti funerari del regno di Chu. Si tratta di opere molto delicate, antiche di 2200-2500 anni. A partire dal 29 maggio 2018 nella Galleria Cinese si potrà ammirare, oltre alla statuina di attendente presentata per la prima volta al pubblico due anni fa a seguito di un’approfondita indagine diagnostica, un zhenmushou, mostro protettore della tomba con corna di cervo del IV secolo a.C. L’impostazione generale della scultura e le sue convenzioni estetiche sono caratteristiche dei mostri apotropaici delle sepolture di Chu2, in particolare quelli della regione di Jiangling3. Questi oggetti venivano posti di solito nel vano anteriore del sepolcro.
Il manufatto è composto da quattro parti montate mediante tenoni e mortase: una massiccia base quadrata, un fusto che raffigura in maniera schematica il corpo e la testa del zhenmushou1, scolpite in un unico blocco di legno a cui si sovrappongono due corna di cervo dipinte di rosso nella parte terminale. Il mostro è caratterizzato da occhi rotondi e sporgenti, spesse sopracciglia, guance spigolose, fauci in evidenza e lingua pendente che si congiunge al collo.
Accanto a questi antichi e rari manufatti se ne potranno ammirare altre già esposte negli anni passati e ora nuovamente godibili dopo il necessario riposo conservativo.